IMPRONTA ECOLOGICA
Ecco una definizione tratta da Wikipedia:
L'impronta ecologica è un indice statistico utilizzato per misurare la richiesta umana nei confronti della natura. Essa mette in relazione il consumo umano di risorse naturali con la capacità della Terra di rigenerarle. In parole povere, essa misura l'area biologicamente produttiva di mare e di terra necessaria per rigenerare le risorse consumate da una popolazione umana e per assorbire i rifiuti corrispondenti.
L'impronta ecologica è solitamente espressa in ettari.
Vediamo di capire che cosa si intende.
Studiando gli ecosistemi abbiamo imparato (si spera) che ogni essere vivente è strettamente legato all'ambiente dove vive. Di norma si stabilisce un equilibrio tra i produttori (vegetali), i consumatori primari (gli animali erbivori), i consumatori secondari (gli animali che mangiano gli animali erbivori) e i decompositori che “riciclano” tutte le sostanze di rifiuto.
Ciascun ambiente può ospitare solo un certo numero di esseri viventi, ad esempio ogni leone ha bisogno di molti chilometri quadrati di savana per cacciare. Troppi leoni rischierebbero di esaurire in poco tempo le scorte di prede disponibili.
Tutto questo vale anche per noi esseri umani, solo che la questione è diventata molto più complicata.
Per capire meglio facciamo un piccolo viaggio con l'immaginazione: tornate indietro nel tempo fino a migliaia di anni fa quando vivevamo in piccole tribù che avevano imparato da poco a usare l'agricoltura. Queste piccole tribù coltivavano piccoli campi vicino alle loro capanne e andavano a caccia nella foresta nei dintorni dell'accampamento. Esse dipendevano strettamente dall'ambiente dove vivevano e ne avevano grande rispetto perché esaurire o distruggere quelle risorse significava per loro la morte. Calcolare l'impronta ecologica sarebbe stato molto facile: bastava misurare l'erea di campi e foresta usati dalla tribù e dividere per il numero di abitanti.
Anche oggi noi esseri umani dipendiamo dall'ambiente per vivere, solo che le risorse che sfruttiamo sono spesso distanti migliaia di chilometri ed è difficile rendersi conto di quanta parte del pianeta ci serve.
Facciamo un esempio: per produrre gli spaghetti che mangiate quando tornate a casa dopo la scuola, bisogna che da qualche parte nel mondo un contadino abbia seminato del grano. Forse il grano con cui hanno fatto i vostri spaghetti viene dal Canada, quindi anche se non ve ne rendete conto, quando vi siedete a tavola sfruttate un piccolo pezzetino di campo che si trova chissà dove.
Altro esempio: per potersi comprare un maglione di lana bisogna che qualcuno, da qualche parte nel mondo, allevi delle pecore che avranno bisogno di prati e pascoli su cui vivere. Per fare il vostro maglione saranno necessari diversi metri quadrati di pascolo.
Moltissima superficie terrestre in più si consuma poi per costruire un'automobile: miniere di ferro, rame e alluminio, cave di silice per i vetri, pozzi di petrolio e raffinerie per produrre gomme e parti di plastica e così via.
Un altro problema della nostra civiltà tecnologica è che produciamo un sacco di rifiuti che non sono biodegradabili e quindi devo sfruttare altro spazio per costruire discariche dove mettere i rifiuti.
Se poi brucio petrolio o gas e produco anidride carbonica (CO2) avrei anche bisogno di boschi e foreste i cui alberi possano assorbire tutta la CO2 in eccesso.
A questo punto dovreste aver iniziato a capire che, per mantenere in nostro tenore di vita, ciscuno di noi sfrutta una bella fetta di superficie terrestre.
Normalmente si considera l'utilizzo di sei categorie principali di territorio:
terreno per l'energia: l'area di foresta necessaria per assorbire l'anidride carbonica prodotta dall'utilizzo di combustibili fossili;
terreno agricolo: superficie arabile utilizzata per la produzione di alimenti ed altri beni (iuta, tabacco, ecc.);
pascoli: superficie destinata all'allevamento;
foreste: superficie destinata alla produzione di legname;
superficie edificata: superficie dedicata agli insediamenti abitativi, agli impianti industriali, alle aree per servizi, alle vie di comunicazione;
mare: superficie marina dedicata alla crescita di risorse per la pesca.
Da alcuni studi effettuati su scala mondiale e su alcuni paesi emerge che l'impronta mondiale è maggiore della capacità bioproduttiva mondiale. Secondo alcuni studi nel 1961 l'umanità usava il 70% della capacità globale della biosfera, ma nel 1999 era arrivata al 120%.
Ciò significa che stiamo consumando più risorse rinnovabili di quanto potremmo, cioè che stiamo intaccando il capitale naturale e che nel futuro potremo disporre di meno materie prime per i nostri consumi.
Secondo l'edizione 2006 del Living Planet Report del WWF l'impronta media pro capite è di 1,78 ettari, si sono però paesi i cui abitanti consumano molta più supeficie. Ad esempio l'impronta media per gli italiani è di 4,2 ettari, mentre per gli USA addirittura 9,6.